Scrivo il post agli inizi di Settembre, dopo l’ultimo terribile terremoto del 24 Agosto. Alcuni paesi non esistono più. Non posso non pensare ad una visita a L’Aquila che io e la mia famiglia abbiamo compiuto il 7 Agosto del 2016.
Non ho parole per descrivere la desolazione della città , le rubo a chi sa dirle meglio del sottoscritto.
La fonte è KIM (international magazine)….che cito in un’articolo del 2014. Nulla sembra diverso dopo due anni.
“Kierkegaard sosteneva che ci vuole più coraggio per dimenticare che per ricordare. Ma per questa storia tutta italiana ci vuole coraggio anche per ricordare. Perché se sono passati cinque anni e troppo poco è stato fatto finora, allora subentra un altro sentimento: la vergogna. Anche cinque anni fa era una notte di domenica e fino ad allora L’Aquila era ricordata più per ospitare le spoglie di Celestino V che per le macerie che di lì a poco sarebbero arrivate. Come la scena finale di un film in cui un’esplosione crea il nulla intorno. Nietzsche chiamava cattivo chi aveva lo scopo di incutere la vergogna. Se così fosse, cattiva è la politica: quella delle mazzette e della corruzione, quella che non ha saputo gestire l’emergenza, quella che ha creato ghetti e alienato persone; quella che richiama i grandi nomi, siano questi architetti per un auditorium o capi di stato pronti a farsi fotografare tra le macerie con il caschetto giallo in testa. La madre dei “presidenti operai” è sempre incinta. È questa la vergogna a L’Aquila, cinque anni dopo. E’ in queste occasioni che occorre pensare che l’Italia assomigli ad un tandem: per una parte del paese che non pedala, ce n’è un’altra che va più forte. È quella degli aquilani che nel giro di pochi mesi hanno ripreso in mano la propria vita: persone come Maurizio che sotto il forte spagnolo ha riaperto il suo nuovo chalet e lo ha chiamato la “Fenice” proprio perché come la leggenda dell’uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri; oppure come Leò il primo bar aperto a L’Aquila dopo il sisma; o ancora come le sorelle Nurzia che non hanno mai smesso di lavorare il torrone. Marzia che sul muro del suo locale ha una scritta che ti colpisce: “non so che succederà…ma noi ce la faremo”.
Propongo poche fotografie, senza un nesso logico, slegate….la visita è stata fugace. Chi può vada a L’Aquila, sperimenti la tristezza che si prova e l’orgoglio composto della città.
Le foto sono state scattate con Fuji Xpro2 e 18 f2.
Bellissima serie… mi vengono in mente effettivamente le due parole che hai usato: tristezza e dignità. Un saluto
Mauro
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Grazie per esserti fermato a leggere questa mia riflessione
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